C’è una figura, spesso invisibile al grande pubblico, che plasma il volto e l’anima di film e serie TV. Non appare sullo schermo, non firma le sceneggiature, eppure il suo lavoro è ovunque: nei volti che ci commuovono, nelle voci che ricordiamo.
Marita D’Elia è una di queste figure. Casting director tra le più influenti del panorama italiano, la sua carriera è un intreccio di intuizioni, incontri e passione profonda per la recitazione.
Una passione che, come racconta nel 27° episodio del podcast Bravi Tutti, ha radici lontane.
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Una voce tra le quinte: il racconto di Marita D’Elia
“All’inizio volevo fare l’attrice”, confessa. “Ero molto giovane, ho cominciato a frequentare teatri e a vedere spettacoli […] Sono una figlia d’arte, ho iniziato a lavorare con mia madre, sono stata attrice nei suoi spettacoli. Questo imprinting materno mi è rimasto, anche se poi ad un certo punto ho deciso di cambiare rotta”.
Quella “rotta”, apparentemente secondaria, si rivelerà decisiva per l’industria audiovisiva italiana. Perché è proprio nelle mani di persone come Marita che prende forma la magia del casting: non solo scegliere chi interpreterà un ruolo, ma intuire chi saprà abitarlo davvero.
La svolta con Un posto al sole
Come molte carriere nate dietro le quinte, anche quella di Marita D’Elia ha avuto un momento di rottura, un progetto che ha segnato il passaggio da aspirazione a vocazione. È la metà degli anni Novanta, e su Rai 3 va in onda una novità assoluta per l’Italia: Un posto al sole. Una soap opera tutta italiana, quotidiana, ambientata a Napoli. Una sfida.
“Inizialmente Un posto al sole era visto con grande diffidenza […] all’inizio era una soap, un termine assolutamente denigratorio […] Poi con la grande popolarità si è affermata come un appuntamento quotidiano. La serie fa compagnia ancora a tanta gente”.
In quelle prime puntate, Marita non costruisce soltanto un cast, ma sperimenta un nuovo modo di raccontare il quotidiano, dando spazio a volti nuovi e a storie che si fanno familiari giorno dopo giorno. È il principio di un metodo, e forse anche di un’etica: quella del lavoro paziente, dell’intuizione che si affina nel tempo, dell’attenzione al dettaglio umano.
Dal piccolo schermo al grande cinema
Negli anni, Marita D’Elia è diventata una delle firme più riconoscibili dietro ai volti delle serie televisive italiane. Dai primi esperimenti come La squadra e Distretto di Polizia fino a titoli come R.I.S., Un ciclone in famiglia, I liceali, la sua impronta si riconosce nella naturalezza con cui ogni personaggio sembra trovare il proprio interprete ideale.
Ma è nel cinema che si misura con sfide ancora più ampie. I set si moltiplicano, i registri cambiano, ma resta costante la cura con cui D’Elia costruisce il cast: “Carlo Vanzina per me è stato un maestro, aveva una cultura cinematografica vastissima. […] Anche lavorare con Amelio è stato meraviglioso. Interessante lavorare con Alessandro Siani, molto lungimirante”.
Ed è davvero un mosaico variegato quello che compone la sua carriera. Dai film comici e popolari come Eccezzziunale veramente – Capitolo secondo… me, Olé, Un’estate al mare, fino alla collaborazione con Alessandro Siani, che l’ha voluta per titoli come Mister Felicità, Tramite amicizia, Il giorno più bello del mondo, Si accettano miracoli, Chi ha incastrato Babbo Natale?.
Anche con Luca Miniero ha saputo interpretare e potenziare un linguaggio comico in grado di parlare a tutti: Benvenuti al Nord, Benvenuti al Sud, Un boss in salotto, La scuola più bella del mondo.
Ogni set è un esercizio di ascolto e intuizione, ma alcuni progetti – come Reality di Matteo Garrone – richiedono una sensibilità ancora più profonda: “Quello che mi ha dato tante soddisfazioni è stato Reality perché si cercava un mondo napoletano un po’ comico e grottesco, ma allo stesso tempo la ricerca doveva essere fatta in maniera antropologica per trovare delle radici profonde ai personaggi”.
L’evoluzione del mestiere: tra tecnologia e nuove sfide
Con il passare degli anni, Marita ha visto mutare non solo il panorama cinematografico e televisivo, ma anche gli strumenti con cui costruire un cast. Uno degli strumenti che ha rivoluzionato la professione è senza dubbio il self-tape, ormai un must per i casting director di tutto il mondo: “È un grande strumento. Lavorare da soli su un testo può aiutare molto, è sempre stimolante”
Tuttavia, con l’utilizzo dei self-tape sono emerse anche delle difficoltà. Il lavoro di selezione diventa ancora più complesso quando i candidati non sono completamente immersi nel personaggio: “Una cosa che fa sorridere e dà anche molto fastidio è l’ottima interpretazione della spalla. È importante che faccia un buon servizio ma non deve entrare in competizione. A volte sembra quasi che si proponga la spalla.”.
Ma la sfida più grande resta quella di scegliere chi avrà la possibilità di far parte di un progetto, e il ruolo del casting director in questo processo è carico di responsabilità. “Il mio momento di dolore è quello quando devi scegliere tra un giovane attore e un altro. […] D’altronde io faccio la casting director, faccio un lavoro di selezione e come per lo sport: uno vince”.
Nonostante le difficoltà e le sfide quotidiane, D’Elia non ha mai perso di vista l’importanza del rapporto umano. La sua filosofia, infatti, è ben lontana dall’essere quella di un mestiere asettico e impersonale: “A me sono molto simpatici gli attori […]. In linea di massima, cerco di stabilire rapporti cordiali con tutti. È un lavoro di scambio. Io servo a loro, ma loro servono a me”.
La nuova generazione e il fenomeno Mare Fuori
Uno dei temi che Marita esplora con entusiasmo è il cambiamento generazionale che sta caratterizzando il panorama delle nuove leve artistiche. La sua esperienza nel settore le permette di osservare da vicino l’evoluzione delle nuove generazioni di aspiranti attori, una realtà che vede una crescente immagine di sé e del mondo dello spettacolo. “Assistiamo a una generazione nata per lo spettacolo […]. Oggi c’è un’immedesimazione diversa, il desiderio di partecipare a quello che viene consumato quotidianamente, di essere parte attiva della produzione cinematografica”.
Marita non nasconde un senso di incredulità nel vedere quanto i giovani si stiano avvicinando con sempre maggiore determinazione alla recitazione. “È impressionante quanto questa generazione ringiovanisca, quanto gli aspiranti interpreti siano di anno in anno più giovani. I ragazzi vedono tantissimi prodotti […] che raccontano le loro storie: è naturale che si crei il desiderio di fare e non semplicemente di assistere”. Un fenomeno che ha visto anche un’impennata grazie a produzioni come Mare Fuori, una delle serie televisive più chiacchierate degli ultimi anni.
Marita racconta con passione come il progetto abbia preso vita, sottolineando l’importanza della scrittura e della visione condivisa tra autori e registi. “Tutto parte da una bella scrittura di Cristiana Farina e Maurizio Careddu. Nasce da esperienza diretta e reale, in particolare di Cristiana che aveva lavorato, per un periodo, nel carcere minorile di Nisida. Da lì ha avuto l’ispirazione di personaggi molto forti e potenti”. La scrittura, infatti, è il nucleo che ha permesso alla serie di diventare un fenomeno cult, capace di catturare l’attenzione di milioni di spettatori e di riscrivere le regole di un genere televisivo.
“Gli attori erano puliti e non stereotipati nella napoletanità criminaloide che siamo abituati a vedere in altri prodotti” – spiega Marita, riferendosi alla recitazione autentica degli attori, lontana dagli stereotipi che spesso vediamo nei media.
L’aspetto più interessante è che il casting per Mare Fuori non si è fermato solo a Napoli, ma ha coinvolto diverse scuole e realtà artistiche del territorio, arrivando fino ad attori provenienti da altre parti d’Italia. “Ho fatto il giro di tutte le scuole di Napoli. È stata una preparazione abbastanza lunga, avevo cominciato soprattutto dai napoletani, ma abbiamo anche trovato quel mondo del Nord che poi era tanto presente in Mare Fuori”.
Il successo travolgente e la selezione del cast
Il successo di Mare Fuori ha suscitato un vero e proprio fenomeno di massa. Se da un lato la serie è diventata un punto di riferimento nel panorama televisivo italiano, dall’altro ha scatenato un flusso ininterrotto di richieste da parte di attori e aspiranti tali. “Continuo, perpetuo, inarrestabile, tutti vogliono fare Mare Fuori… Ricevo quotidianamente proposte di persone che non hanno mai fatto questo lavoro e ci vorrebbero provare. Tra questi ci sono anche talenti…” racconta Marita.
Ed è proprio questa apertura verso l’inedito che ha guidato il lavoro di Marita nella selezione del cast. Il successo della serie, infatti, non è nato da nomi noti o garanzie di curriculum: è stato, piuttosto, un atto di fiducia. Un rischio. Molti degli attori erano alla prima esperienza, sconosciuti al grande pubblico.
Ma quella scelta, oggi così premiata dal pubblico e dalla critica, non fu accolta inizialmente con entusiasmo. “Ho dovuto lottare per il cast di Mare Fuori”, confessa. A poche settimane dall’inizio delle riprese, le proposte sembravano non convincere. Si pensò perfino di rimettere tutto in discussione. Poi, un atto di fede: si decise di andare avanti con quei volti, con quei ragazzi. “Vediamo che succede”, si dissero. E successe qualcosa di straordinario. Anche grazie alla lungimiranza del produttore, tra i pochi, all’epoca, a credere davvero in quel gruppo ancora acerbo.
Il casting per Mare Fuori si è rivelato una vera e propria sfida, ma anche una grande opportunità per Marita, che ha avuto la possibilità di instaurare un dialogo diretto con il pubblico. “Io pubblico spesso le cast list. Si crea in questo modo un dialogo con l’utenza che è vasta, che generosamente si propone e mi dà la possibilità di selezionare. Mi sento privilegiata in questo perché posso cogliere la disponibilità di tante persone che hanno da dimostrare un talento”.
Dietro ogni grande storia ci sono occhi che sanno vedere il talento prima che emerga. Marita D’Elia è uno di quegli sguardi.
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