
È passata tra le grinfie di Francesca Fagnani a “Belve” anche Lunetta Savino che ha colto l’occasione per svelarsi e raccontarsi a 360 gradi in un’intervista che è apparsa tutto fuorché banale. L’attrice, che il grande pubblico ha imparato ad amare grazie al ruolo di Cettina in “Un medico in famiglia”, ha infatti ripercorso una carriera lunga e variegata, fatta di fiction, cinema e teatro.
“Cettina mi stava soffocando”: ecco perché ha lasciato “Un medico in famiglia”
L’attrice svela il vero motivo del suo addio alla fiction che l’ha resa popolare. Se da un lato il personaggio di Cettina l’ha consacrata come una delle attrici più amate della televisione italiana, dall’altro Lunetta Savino racconta che proprio quel ruolo rischiava di diventare una prigione: “Sono dovuta andare via, altrimenti sarei rimasta per sempre nel grembiule e nelle ciabatte“. Un successo tanto clamoroso quanto, alla lunga, limitante. “Per anni non mi hanno dato ruoli da protagonista perché mi vedevano solo come caratterista”.
Un’etichetta difficile da togliere, ma che Savino ha saputo scardinare con coraggio e ironia, persino interpretando ruoli decisamente fuori dagli schemi, come quello della “prof di fellatio” in Prova orale per membri esterni: “Ero terrorizzata, bevevo due gin tonic prima di andare in scena. Ma era proprio una lezione vera, con lavagna, ortaggi e tutto”.
“Brignano? Il peggiore a baciare”
Non è un segreto che Lunetta Savino abbia sempre avuto un rapporto complicato con le scene erotiche. A Belve lo ammette senza mezzi termini: “Anche i baci sul set non li sopporto“. Alla domanda di Fagnani su chi fosse il miglior e il peggior baciatore tra i suoi partner di scena, la risposta spiazza: “Brignano? Pessimo. Un buon baciatore invece è stato Emilio Solfrizi“. Ma il momento più curioso arriva con il ricordo di Massimo Ghini: “Una volta sul set ha insistito per fare un bacio vero, bacio bacio…”.
Infine, un’ultima rivelazione senza filtri su una giovinezza libera e senza troppi tabù: “Una cosa a tre? È capitata. C’era più promiscuità allora”. Una frase che chiude perfettamente un’intervista fatta di verità scomode, risate e un pizzico di nostalgia.

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