Chiunque abbia iniziato a studiare teatro o cinema, sa che non esiste un solo metodo di recitazione.
Il mestiere dell’attore è complesso, ma soprattutto ha a che fare con le emozioni, che sono personali e non misurabili, quindi non c’è una scienza che indichi l’unico modo possibile per recitare. Non ne esiste uno solo, anzi, ogni attore finisce per sviluppare le proprie tecniche, adattandole a se stesso e sviluppando sfumature diverse da quelle usate da altri.
Ma ci sono state, nella storia del teatro, delle figure importanti, che hanno ideato un metodo di recitazione innovativo e lo hanno insegnato ad altri attori. Il primo di tutti fu Stanislavskij, ma il suo non è l’unico modo possibile per recitare. Dal suo sistema ne sono derivati poi altri, alcuni più aderenti agli insegnamenti originali e altri che si sviluppano in direzioni diverse.
Scopriamo insieme quali sono i personaggi che hanno portato le innovazioni più importanti nel campo dei metodi di recitazione. Ovviamente, in estrema sintesi, perché su ognuno di loro si potrebbero scrivere (e sono stati scritti) libri e libri!
Il suo metodo è il più celebre, ma soprattutto è stato il primo tentativo di strutturare il lavoro dell’attore e dargli una solida base teorica. Prima di allora, non esisteva un vero modo per insegnare a recitare: gli attori imparavano soltanto attraverso l’esperienza e l’osservazione di altri attori all’opera.
Secondo Stanislavskij, per recitare è importante allontanarsi dai clichés e dai vuoti tentativi di imitare la vita reale: l’attore deve infatti rivivere sulla scena quello che prova il suo personaggio.
Secondo le sue teorie, il lavoro dell’attore sul personaggio si articola in: conoscenza (definizione della psicologia del personaggio e del contesto), reviviscenza (recuperare dal proprio bagaglio emotivo le emozioni provate dal personaggio) e personificazione (trasferire le proprie emozioni nelle circostanza vissute dal personaggio).
Lee Strasberg
Il metodo Strasberg nasce dalla teorie di Stanislavskij, portate in America dalla compagnia del grande regista russo grazie ad una tournée.
Si fonda sempre sul presupposto che l’attore, per risultare credibile, non deve imitare le emozioni e le sensazioni del personaggio, ma riviverle attingendole dalla propria memoria. Per questo, si introducono i concetti di memoria sensoriale (che permette di recuperare quello che hanno provato i nostri cinque sensi in una situazione passata) e memoria emotiva (che permette di rivivere dei ricordi che suscitano in noi delle emozioni ben precise).
Stella Adler
Celebre attrice e co-fondatrice del Group Theatre, assieme a Lee Strasberg e ad altri artisti, nel 1934 si recò a Mosca per studiare personalmente con Stanislavskij.
Stella Adler, infatti, non condivideva l’approccio di Strasberg, a suo dire troppo focalizzato sulla memoria, che spesso portava alla luce ricordi dolorosi. La tecnica da lei sviluppata, invece, si concentra piuttosto sul ruolo dell’immaginazione e sulla ricerca di significati non esplicitamente espressi nel copione, ma importanti per lo sviluppo del personaggio.

Sanford Meisner
Anch’egli tra i co-fondatori del Group Theatre, dopo alcuni anni iniziò ad essere scettico riguardo all’impostazione del “metodo” utilizzato da Strasberg.
La sua tecnica di recitazione si fonda sull’idea di “vivere realmente in circostanze immaginarie”. Si dà molta importanza alle emozioni istintive e si insegna agli attori a “vivere nel momento” mentre stanno sul palcoscenico. L’insegnamento di questa tecnica si basa su esercizi di improvvisazione e di ascolto dei propri partner sulla scena.
Michael Chekhov
Fu un allievo di Stanislavkij, ma propose una visione del lavoro dell’attore che andava oltre quella del suo maestro.
Dato che chi recita è un artista, non può limitarsi a “fotografare” la realtà e a riproporla uguale a com’è: deve essere espressivo ed incisivo. Per questo, Checkhov sviluppò una serie di tecniche psico-fisiche, che si concentrano sul rapporto tra la mente e il corpo, per portare alla luce le sensazioni e le emozioni necessarie per interpretare il personaggio.
William H. Macy e David Mamet
L’attore William H. Macy e il drammaturgo David Mamet svilupparono una tecnica chiamata “estetica pratica”, basata sulla centralità di un’azione.
Si insegna agli attori ad analizzare la scena che dovranno interpretare e a focalizzarsi su ciò che accade, come agiscono i personaggi e che cosa desiderano. Secondo l’estetica pratica, ci sono undici azioni fondamentali e in una data scena si può sempre riconoscerne una e prenderla come riferimento.
Uta Hagen
La tecnica di recitazione di Uta Hagen mira a creare il massimo realismo. Gli attori, prima di conoscere il proprio personaggio, devono imparare a conoscere a fondo se stessi, per poi poter trasferire le loro esperienze passate ed emozioni nelle circostanze data dalla scena.
Sono presenti anche una serie di esercizi volti ad approfondire la conoscenza del personaggio, dell’ambiente in cui si recita e delle tecniche di improvvisazione.
Viola Spolin
Attrice, regista ed insegnante di teatro, è conosciuta soprattutto per i suoi “giochi teatrali”, che trasformano anche le più complicate tecniche e convenzioni sceniche in attività giocose, attraverso le quali è facile imparare. Sia gli attori che gli spettatori sono considerati partecipanti di questi giochi.
Molti dei suoi esercizi coinvolgono l’improvvisazione, ragione per cui Viola Spolin ha anche dato un grande contributo allo sviluppo e alla diffusione del teatro d’improvvisazione negli Stati Uniti.
Avete visto quante prospettive diverse esistono sul lavoro dell’attore? E queste sono solo alcune delle tante possibilità.
Dato che non c’è un solo modo per recitare, ogni attore può scegliere a quale scuola fare riferimento o magari iniziare con un tipo di percorso e, se non si trova bene, cambiare ed iniziarne un altro.
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