Per la realizzazione di un cortometraggio accademico della scuola Rufa di Roma, sono aperti i casting per trovare un attore e un’attrice. In particolare si cercano i seguenti due personaggi:
- Amelia, da bambina: bambina. Età compresa tra i 7 e i 9 anni. Capelli lisci, castani o mori (preferibilmente con frangia). Occhi marroni. RUOLO SECONDARIO
- Elia, da bambino: bambino. Età compresa tra i 10 e i 13 anni. Capelli lisci, castani o mori. Occhi marroni. – RUOLO SECONDARIO
Trattandosi di un corto accademico, per i due bambini selezionati sarà previsto solo un rimborso spese. Per questo motivo si cercano aspiranti residenti nel Lazio o meglio ancora a Roma. Le riprese si terranno a Nepi, in provincia di Viterbo, in un periodo compreso tra il 6 e il 13 settembre 2024. Il cortometraggio avrà una durata compresa tra i 10 e i 15 minuti. Per candidare i minori ai casting per cortometraggio i genitori inviare una mail all’indirizzo akusmaproduction@gmail.com allegando delle foto e curriculum, selftape e showreel (se disponibili). Dopo l’invio delle candidature, verranno organizzate delle sessioni di provini a Roma. La scadenza della candidatura è fissata per il 25 aprile.
Sinossi del corto: E’ il 1964, è primavera e due fratelli, Elia (12) e Amelia (8), stanno disegnando seduti sul pavimento di una casa sull’albero, ridono, scherzano e si divertono, come ogni giorno. La loro infanzia tra le mura dell’Orfanotrofio “Casa della Speranza” non è sempre semplice, e quella casa di legno è il loro rifugio, il posto dove trascorrono le loro giornate, dove fingono di vivere una vita diversa, insieme. Sono complici, uniti dal fatto di essere soli, di avere solo l’un l’altro, in un posto rigido e chiuso in cui sono costretti a vivere e crescere, senza nessuna figura genitoriale su cui contare. Non si erano mai separati, fino ad una tarda mattinata di maggio. Il sole è alto e si avvicina l’estate. Dopo la colazione i due bambini sgattaiolano fuori e raggiungono correndo la casa sull’albero. Stanno giocando, quando una voce chiama Amelia, dicendole di venire giù. È Suor Luisa, una dolce donna sui 40, forse l’unica nell’orfanotrofio adorata dai bambini. Amelia scende le ripide scalette della casa sull’albero, piano piano, seguita da suo fratello. Quando toccano terra, ad aspettarli, oltre alla suora, ci sono un uomo e una donna, che sorridono ad Amelia, e si avvicinano a lei. Elia li guarda da lontano, ha capito. Passano i giorni ed Elia è rimasto solo, improvvisamente si èreso conto di quanto è triste quel posto, senza sua sorella. Smette di salire sulla casa sull’albero, ogni tanto ci prova, ma si ferma, altre volte ci passa sotto e alza lo sguardo, la osserva, e poi se ne va. Amelia (10) intanto, nella sua nuova camera in città tiene, attaccato alla parete subito sopra il comodino, un disegno fatto da Elia che li rappresenta abbracciati, con alle spalle la casetta di legno. Quel disegno rimane lì per anni, mentre Amelia cresce e diventa adolescente (16). Passa molto tempo a ricordare il fratello e i tempi che per lei furono felici, quelli della loro infanzia insieme, prima di perdersi. È il 1975 e Amelia (19) continua a cercarlo, vuole trovarlo a tutti i costi. Spedisce lettere e fa chiamate che risultano inutili, sfoglia le pagine gialle e il registro delle adozioni. Finché un giorno, parlando con Suor Luisa, scopre che Elia non è mai stato adottato ma, al compimento dei 18 anni, è andato via dall’orfanotrofio, facendosi perdere di vista anche dalla suora. È il 1981 quando sul giornale che sta leggendo, Amelia (25) trova un articolo che parla della chiusura dell’orfanotrofio. Le viene un magone allo stomaco, interpretandolo come il suo segno di dover abbandonare il passato e smettere di cercare il fratello, che sembra impossibile da trovare. Chiude qualsiasi cosa riguardi Elia in una scatola, e va avanti. Undici anni dopo Amelia (36), ormai adulta, sta cucinando ai fornelli della sua casa in città, mentre i suoi figli giocano e si rincorrono nel salotto. Squilla il telefono appeso al muro e la donna, esasperata, zittisce subito i figli, andando a rispondere. È Suor Luisa, ha trovato Elia e le riferisce un indirizzo. Amelia sconvolta ragiona sul da farsi e decide di spedirgli una lettera, in cui gli racconta della sua vita, e di come sia rimasta molto attaccata ai loro ricordi nell’orfanotrofio, ricordi per lei felici. Gli dice che vuole tornarci da anni ma che non ha mai avuto il coraggio di farlo da sola, gli chiede di andare con lei, di incontrarsi li. Quando arriva, tutto è abbandonato. L’orfanotrofio ha chiuso e quel giardino ora è desolato. Le travi di legno della casa sull’albero scricchiolano più di quanto ricordasse, coperte da foglie secche e rami. Di Elia non c’è traccia, eppure lei lo vede ovunque, la sua mente si riempie di ricordi e immagini, ovunque lei rivolga lo sguardo. Elia nel frattempo è arrivato, e osserva la sorella da lontano, non ha il coraggio di avvicinarsi. Voleva farlo, ma ora che è arrivato il momento non ci riesce. La guarda per un po’, poi se ne va. Amelia, non vedendo il fratello arrivare, decide di tornare a casa. Quando entra nel suo palazzo, nella buca delle lettere ce n’è una da parte del fratello. Scrive che non ha intenzione di tornare in quel posto, che nessun ricordo bello gli viene in mente al pensiero, nessuno che riguardi quel giardino, quella casa. È andato avanti e dovrebbe farlo anche lei. Quel passato orribile non gli appartiene più.
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