Non è equo il compenso, se per le piattaforme un attore vale solo lo “zero virgola”.
Non è equo il compenso, se per le piattaforme un attore vale solo lo “zero virgola”. Ne è convinto Elio Germano, uno dei fondatori di Artisti 7607, collettivo che difende i diritti degli attori e che ha deciso di rivolgersi al Tribunale contro la nota piattaforma streaming Netflix.
“Di fronte a un mercato sempre più lucroso per le piattaforme, vogliamo salvaguardare i tanti attori non famosi che sono sfruttati, che si vedono assegnare cifre insignificanti anche rispetto a opere di grande successo: parliamo di “zero virgola”, appunto – spiega Germano – Il nostro lavoro è iniziato tanto tempo fa con le televisioni, Rai e Mediaset, che operavano fuori dalle regole e siamo riusciti a portarle verso la trasparenza e ai compensi dovuti, pur se lontani dal resto d’Europa e mai adeguati all’inflazione. E anche se ora c’è stata una moltiplicazione dei canali e delle versioni on demand anche per loro. Cerchiamo di fare la stessa cosa con le piattaforme, la cui politica è sempre stata uscire dalla logica del flop e il successo, conoscono solo loro le vere entità delle visualizzazioni. Sono multinazionali e rispondono ai loro interessi che spesso sovrastano quelli degli stati”.
“C’è una legge europea che prevede una quota, legata al valore dell’opera, calcolato, nel passaggio in tv in base alla fascia oraria, in base alla pubblicità che genera. Prima si parlava di equo compenso, oggi di compenso adeguato e proporzionato ai ricavi dell’emittente stessa. Parte di quanto ricavato dal prodotto deve essere dato in percentuale all’autore e, per una parte più bassa, all’interprete: attore, musicista, ballerino. Ma le piattaforme oggi non comunicano i ricavi, né quante volte viene vista l’opera che è on demand, né il totale degli abbonamenti nel nostro Paese. Questo rende impossibile calcolare la cifra dovuta perché mancano gli strumenti. Se un’altra collecting “competitor” (come il Nuovo Imaie, o il Nuovo Istituto mutualistico Artisti Interpreti Esecutori) accetta cifre – ad esempio da Netflix – che per noi sono ridicole, questo crea un danno, perché queste quote di trasformano poi in legge di mercato. Noi abbiamo una politica diversa: porteremo in tribunale tutte le piattaforme che sono illegali in quanto non trasparenti”.
Questa la mission di Artisti 7607, organismo di gestione collettiva dei diritti connessi al diritto d’autore, che denuncia appunto che all’aumento esponenziale in streaming della diffusione di opere protette non corrisponde il dovuto riconoscimento dei diritti di chi le interpreta.
Ad oggi gli unici broadcaster che pagano i diritti connessi sono Rai, Mediaset e Sky, ma con compensi uguali da 10 anni nonostante le utilizzazioni di opere siano decuplicate.
Lo sfruttamento di contenuti audiovisivi e la fruizione di film e serie tv è invece cresciuto esponenzialmente nel web anche grazie all’aumento della velocità e dell’ampiezza di banda che consentono un rapido download e un’ottima qualità di visione. La quasi totalità delle piattaforme streaming non corrisponde i diritti connessi degli artisti o propone compensi gravemente insufficienti, non fornendo quindi i dati degli utilizzi e non ottemperando alle normative europee e nazionali. Nello specifico, il riferimento nella legge italiana si rifà al decreto legislativo numero 35 del 15 marzo 2017, che riguarda l’ “attuazione della direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno”.
Diego Abatantuono, Ambra Angiolini, Corrado Guzzanti, Claudio Santamaria, Paolo Calabresi, Kasia Smutniak, Elio Germano, Michele Riondino, Paolo Sassanelli, Valerio Mastandrea, Vinicio Marchioni sono solo alcuni dei tantissimi attori e attrici che aderiscono al collettivo Artisti 7607 e che lanciano l’allarme che riguarda il diritto d’autore rispetto all’uso sulle piattaforme.
Nello specifico, Artisti 7607 riguarda esclusivamente la tutela della categoria degli attori, come spiega ancora Germano: “Siamo nati come alternativa alla vecchia Imaie e ci concentriamo sugli attori, anche per evitare conflitti di interesse tra le varie categorie. Abbiamo creato una società di collecting con una visione mutualistica, un sistema di welfare per aiutare chi guadagna meno e con i soldi che sono nostri di diritto. Senza chiedere soldi allo Stato. I più ricchi aiutano chi guadagna meno. Abbiamo stanziano fondi per il rimborso dei provini, per le avvocature, assicurazioni sanitarie, fondi per chi è genitore, formazioni gratuite di vario tipo”.
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