Nel mondo del cinema, essere regista significa molto più che dirigere un set. La regia è un delicato equilibrio tra creatività e organizzazione, un gioco che richiede continuamente all’artista di fare i conti con la logistica, la gestione degli attori, la fotografia e la post-produzione.
Questa sfida diventa ancora più complessa nel cinema indipendente, dove il regista non è solo l’autore del progetto ma spesso ricopre anche molti altri ruoli, affrontando le difficoltà produttive e distributive per far arrivare il proprio film al pubblico.
Nell’episodio 22 del podcast Bravi Tutti, Brando Improta, regista e attore poliedrico, condivide il suo percorso nel mondo del cinema, tra incontri con grandi nomi del panorama italiano e la fatica dietro la creazione di un film indipendente.
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Da New Moon a Verdone e Servillo: il viaggio cinematografico di Improta
Brando Improta ha iniziato la sua carriera nel cinema in modo del tutto casuale, senza alcuna formazione attoriale alle spalle. Il suo primo contatto con il mondo del grande schermo avvenne come comparsa in New Moon, il secondo capitolo della saga di Twilight, in circostanze inaspettate: “Non dipese dalla mia volontà. Frequentavo una ragazza appassionata della saga, e mi spinse a partecipare. Mi presero perché sono molto alto e servivano persone della stessa altezza per portare un baldacchino“, racconta.
Quella che sembrava essere una semplice esperienza occasionale si rivelò però l’inizio di un percorso professionale sempre più consapevole. Tra le tappe significative, spicca il lavoro con Carlo Verdone, una delle icone del cinema italiano. Improta ricorda con entusiasmo la sua esperienza sul set di Benedetta Follia e Vita da Carlo:
“Mi chiamarono per un provino per Benedetta Follia. […]. Fu molto bello girare con lui (Carlo Verdone N.d.R.) […], segue gli attori in maniera certosina. Ci siamo trovati bene e mi ha chiamato per fare la stessa parte in Vita da Carlo 1 e 2 […]. Il provino era con lui, una cosa che non si fa più ed è molto bello perchè anche se non vieni preso hai un confronto con chi dirigerà il film.“
Un altro incontro fondamentale per Improta è stato quello con Toni Servillo, uno dei più grandi attori italiani. Sul set de La Stranezza, diretto da Roberto Andò, ha avuto modo di osservare da vicino il suo metodo di lavoro:
“Di Servillo mi è piaciuta la sua dedizione […] manteneva un atteggiamento da autore, anche se non era lui il regista, si sentiva di dirci delle cose.”
Il cinema indipendente: tra sfide e soddisfazioni
La regia indipendente è un mestiere che va ben oltre la semplice creatività: richiede anche una notevole abilità organizzativa. Come racconta Improta, la realizzazione di un film indipendente si trasforma in una sfida logistica quotidiana:
“È una faticaccia: devi far quadrare tutto, dagli orari delle riprese a quelli dei pasti, alla sistemazione per dormire. […] Se queste cose non funzionano, il lato artistico ne risente, perché le persone non sono abbastanza a loro agio da esprimersi pienamente.”
Una delle sfide più complesse, però, riguarda la gestione dei finanziamenti, come spiega chiaramente Improta: “Il produttore è colui che aggrega i soldi, non uno che li ha davvero in tasca. Nel cinema indipendente si va da sponsor interessati a mettere il loro marchio all’interno del film.” Qui, creatività e pragmatismo si mescolano, e trovare il giusto equilibrio è fondamentale per portare avanti un progetto.
Nonostante tutte le difficoltà e le sfide, Brando trova una grande soddisfazione nel vedere il suo lavoro prendere vita: “Vedere che si è partiti da una pagina bianca e si è arrivati a un progetto finito che le persone potranno poi vedere mi entusiasma molto.”
Il metacinema: un gioco tra arte e realtà
Con quattro film all’attivo, tra cui Tra le Righe e Weekend per Due con Delitto disponibili su Amazon, Brando Improta ha attraversato le insidie della distribuzione indipendente, un percorso che ha affinato il suo sguardo sul cinema e sul suo stesso mestiere.
Nei suoi lavori, il regista gioca spesso con il metacinema, intrecciando realtà e finzione in un continuo rimando tra autore e personaggi. Un tratto distintivo della sua poetica è la presenza ricorrente di protagonisti che scrivono una storia dentro la storia, in un gioco di riflessi che richiama il cinema di Woody Allen. Improta stesso riconosce quanto sia cruciale, per un autore, attingere alla propria esperienza: “Ho notato che Woody Allen ha sempre interpretato, in tutti i suoi film, mestieri legati all’arte. […] Quando scrivi, devi scrivere di ciò che conosci.“
Questo approccio trova piena espressione in opere che sovvertono le convenzioni narrative, trasformando l’amore in un’esperienza inedita che nasce non attraverso incontri e sguardi, ma tramite il pensiero.
“Mi piaceva l’idea di avere due storie diverse, del fatto che uno si potesse innamorare di una persona conoscendola attraverso i suoi pensieri più intimi.”
Una poetica dell’astrazione, del non detto e dell’immaginato che trasforma il cinema in una riflessione sulla sua stessa essenza.
L’algoritmo della felicità: un nuovo capitolo
Il prossimo film di Brando Improta, L’Algoritmo della Felicità, in uscita il 12 giugno 2025, racconta le vicissitudini di un gruppo di personaggi durante la prima edizione di un festival di cinema indipendente. Un progetto, prodotto da NaNo Film, che Brando descrive come molto personale, visto che si ispira a una realtà che ha vissuto direttamente:
“Parla di una realtà che ho vissuto davvero. È un film corale con oltre 20 personaggi.”
Una nuova avventura che promette di essere ricca di emozioni e riflessioni, come i suoi precedenti lavori.
Consigli per i giovani registi
Concludendo l’intervista, Improta lascia ai giovani che desiderano intraprendere una carriera nel cinema un messaggio di umiltà e determinazione. L’esperienza, per lui, è la chiave del successo. A tal proposito, dice:
“Cerco di occuparmi di quante più cose possibile. Prima di fare il regista andavo sul set a fare il ciacchista, ho fatto il fonico, assistente alla regia, qualsiasi cosa inerente a questo lavoro. […] La realtà la devi conoscere. Non puoi scrivere dall’alto di una torre d’avorio.“
Con queste parole, Brando Improta ci ricorda che, prima di diventare maestri del proprio mestiere, bisogna imparare ogni aspetto del lavoro con pazienza e dedizione.
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